Lugano è per me un luogo particolare. Avete presente quando una certa cosa, qualsiasi essa sia, vi fa una certa impressione, non necessariamente negativa, ma neppure totalmente positiva, o viceversa, che però non riuscite a decifrare completamente e di conseguenza descrivere a voi stessi come ad altri? Ecco, Lugano per me è esattamente questo, quindi devo adottare strategie euristiche per farvi capire cosa intendo.

In generale, a parte l'evidente componente finanziaria e bancaria, che comunque si respira eccome direi ad ogni angolo, Lugano è per me una specie di Venezia compressa. C'è l'acqua del lago, c'è il lido, ci sono i ristoranti che chiaramente propongono roba italiana, pizza e mandolino compresi, e ci sono tutte le manifestazioni che sanciscono la città turistica per eccellenza: atmosfera poliglotta, resa ancora più forte dalla componente cantonale franco-germanica oltre che italica, ma anche street food, trenini panoramici, souvenir, e via discorrendo.

La città oscilla tra serietà estrema e simpatia bambinesca, oscurità e leggerezza, rigore architettonico geometrico da Bauhaus appunto bancario e finanziario spinto e frivolezza spicciola. Tutto è pulito, organizzato, lucidato a fondo, ma c'è qualcosa, nei volti e nei corpi, che allude a una sorta di distacco o estraneità rispetto al contesto, o forse addirittura il contrario, una fusione perfetta con l'ambiente che arriva a cancellare il soggetto, a renderlo parte di un tutto senza il quale non esisterebbe. Come ho detto, sensazioni difficili da descrivere in quanto contrastanti, eppure espresse in una caratterizzazione univoca che appare del tutto coerente e riconoscibile.

Una cosa che può addirittura farci innamorare.